CARCERE E COMPORTAMENTE DEVIANTE, PROSPETTIVA ANALITICO TRANSAZIONALE

15.06.2018

L' Articolo 27 della Costituzione Italiana prevede, per quanto attiene all'ordinamento penitenziario, quanto segue:

"...le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato."

Disturbo Antisociale di Personalità. Secondo il DSM IV -TR i criteri per porre diagnosi di Disturbo Antisociale di Personalità sono:br>

                                                    Immagine Alan Levine

Pertanto, la detenzione non ha il solo scopo dell'espiazione della pena, ma anche quello di garantire e mirare alla rieducazione e riabilitazione del detenuto, attraverso interventi specifici.

Disturbo Antisociale di Personalità. Secondo il DSM IV -TR i criteri per porre diagnosi di Disturbo Antisociale di Personalità sono:

A) Un quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che si manifesta fin dai 15 anni di età, come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi:

  1. Incapacità di conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comportamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di arresto.
  2. Disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi, o truffare gli altri ripetutamente, per profitto o per piacere personale.
  3. Impulsività o incapacità di pianificare.
  4. Irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti.
  5. Inosservanza spericolata della sicurezza propria e degli altri.
  6. Irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere un'attività lavorativa continuativa, o di far fronte ad obblighi finanziari.
  7. Mancanza di rimorso, come indicato dall'essere indifferenti o dal razionalizzare dopo avere danneggiato, maltrattato o derubato un altro.

B) L'individuo ha almeno 18 anni.

C) Presenza di un Disturbo della Condotta con esordio prima dei 15 anni di età.

D) Il comportamento antisociale non si manifesta esclusivamente durante il decorso della Schizofrenia o di un Episodio Maniacale.

Il DSM V utilizza l'approccio dimensionale e per porre diagnosi riporta i seguenti criteri:

A) Moderata o più grave compromissione del funzionamento della personalità, che si manifesta con caratteristiche difficoltà in due o più delle seguenti quattro aree:

  1. Identità: egocentrismo, autostima derivante dal vantaggio personale, dal potere o dal piacere.
  2. Autodirezionalità: definizione degli obiettivi sulla base della gratificazione personale, assenza di standard prosociali interni, associabili a una incapacità di conformarsi alle norme, legalmente o culturalmente stabilite, di comportamento etico.
  3. Empatia: mancanza di preoccupazione per i sentimenti, i bisogni o la sofferenza degli altri, mancanza di rimorso dopo aver ferito o maltrattato un'altra persona.
  4. Intimità: incapacità di stabilite relazioni di mutua reciprocità, dal momento che lo sfruttamento è la principale modalità di entrare in relazione con gli altri, servendosi anche di inganno e coercizione, predominio o intimidazione per controllare gli altri.

B) Almeno sei delle seguenti sfaccettature di tratti di personalità patologici:

  • Antagonismo: Manipolatorietà / Insensibilità /Inganno / Ostilità.
  • Disinibizione: Tendenza a correre rischi / Impulsività / Irresponsabilità.

Per quanto riguarda il costrutto di personalità si identificano principalmente due approcci, a seconda che il focus sia sui fattori endogeni o esogeni alla persona.

1. Secondo Allport, Eysenck e Cattel i tratti di personalità sono interni all'individuo, si sono strutturati precocemente e sono stabili nel tempo, nelle circostanze situazionali e ambientali. Possiamo parlare quindi di fattori predisponenti, quindi endogeni, di natura genetica ( ad es. a causa di un anomalo sviluppo dell'encefalo).

2. Un secondo approccio invece considera le caratteristiche di personalità esogene, ovvero esterne, come conseguenza delle circostanze. Portatore di questo pensiero è Mischel, che sostiene come la personalità sia flessibile e adattabile alle situazioni. Possiamo parlare di fattori di natura ambientale, provocati da uno specifico imprinting e rinforzati dal modellamento e dal condizionamento operante, ad es. alcuni tipi di reati vengono appresi direttamente nel contesto familiare fin dai primi anni di vita. Un altro elemento esterno considerato concausa del comportamento deviante è l'utilizzo di percosse, violenze, abusi, subiti nell'infanzia e nell'adolescenza. In seguito questi due approcci sono stati combinati, considerando la personalità come l'esito di una combinazione di tratti predisponenti e fattori ambientali.

                                               La ronda dei carcerati Vincent Van Gogh

Pertanto, la detenzione non ha il solo scopo dell'espiazione della pena, ma anche quello di garantire e mirare alla rieducazione e riabilitazione del detenuto, attraverso interventi specifici.

Disturbo Antisociale di Personalità. Secondo il i criteri per porre diagnosi di Disturbo Antisociale di Personalità sono:

Secondo l'Analisi Transazionale ognuno di noi ha il proprio copione di vita, decide di scrivere la storia della propria vita fin dalla prima infanzia, a partire dai messaggi copionali (ingiunzioni che sono preverbali e controingiunzioni che sono verbali) provenienti dalle figure di riferimento. Per Berne il copione è: "Un piano di vita che si basa su una decisione presa durante l'infanzia, rinforzato dai genitori, giustificato dagli avvenimenti successivi, e che culmina in una scelta definitiva", è in continua trasformazione e può essere modificato, è possibile ridecidere, è importante quindi che all'interno degli istituti penitenziari si miri al recupero della persona, e si è visto che sono fattori prognostici favorevoli in tal senso, la presenza di personale competente (Psicologo penitenziario) che comprenda il vissuto emotivo e la storia personale del detenuto, che sappia cogliere quindi quali sono le carenze affettive, sociali, familiari, ambientali che hanno contribuito alla messa in atto del reato. E' importante che si stimoli nel detenuto la comprensione del suo gesto e delle conseguenze che esso ha portato, non solo sulla sua persona, ma soprattutto sulle vittime. Da alcuni studi effettuati sulla popolazione carceraria, è emerso che tra le ingiunzioni più frequentemente riscontrate nei detenuti, ci sono:mbinazione di tratti predisponenti e fattori ambientali.

1. Non :questo messaggio implica "non fare niente perché qualsiasi cosa può arrecarti danno", proviene dai genitori che sono costantemente timorosi, dove è forte uno Stato dell'Io Bambino spaventato e preoccupato dalla eventualità che il figlio possa farsi male, al punto di arrivare a limitare l'esplorazione e la curiosità del bambino, impedendogli quindi di sperimentarsi e ostacolando l'apprendimento naturale del bambino. Il figlio si costruisce l'idea che qualsiasi cosa faccia non sia quella giusta, ed è sempre in cerca di qualcuno che gli dia conferme, non trovandole nel contesto familiare potrebbe ricercarne esternamente, con il rischio, non avendo maturato una propria sicurezza interna di incappare in contesti delinquenziali, che gli danno il senso di appartenenza e regole atipiche.

2. Non essere sano di mente: tale messaggio viene implicitamente inviato ad esempio quando il bambino è talmente trascurato, invisibile, magari perché i genitori sono troppo presi dalle loro faccende, o proprio per una loro incapacità a prendersi cura in modo adeguato del figlio, che questi per ottenere l'attenzione si crea l'idea che l'unico modo sia quello di stare male. Talvolta questa ingiunzione è modellata da un parente psicotico.

3. Non essere intimo psicologicamente: implica il messaggio "non essere emotivamente vicino", non esprimere autenticamente le tue emozioni.

4. Non appartenere: chi riceve questo messaggio si sente fuori da ogni gruppo, è considerato un asociale. Questo messaggio può essere veicolato da quei genitori che hanno a loro volta difficoltà a relazionarsi dal punto di vista sociale, oppure da genitori che avvertono il figlio diverso, difficile. Il figlio può svolgere la funzione di capro espiatorio.

5. Non essere importante: è un messaggio che esprime il senso di rifiuto dei genitori verso il bambino.

"Se invece una persona ha perso sin dall'infanzia ogni speranza di poter mai vivere il suo vero Sé, avrà bisogno di un essere umano che voglia anzitutto aiutarlo per lui stesso, senza considerarlo un oggetto di socializzazione."
(A. Miller- Il bambino inascoltato)

Nel contesto carcerario è importante individuare la storia personale di ciascuno, dietro ogni tipo di reato, c'è una persona con una sua storia, io dico sempre che il reato non fa la persona, ma può essere un punto da cui partire per avere una idea da confermare con la raccolta anamnestica, su come è cresciuto, sui traumi che può aver accumulato nel tempo, sulle carenze affettive, sociali, fornire quindi utili informazioni su come approntare un piano di trattamento e di intervento. Il soggetto che ha un vero e proprio Disturbo Antisociale di Personalità, ha avuto una gravissima carenza se non totale mancanza di attenzioni e cure, che si sono palesate nella trascuratezza di sé, attraverso due meccanismi:

  • introiezione
  • identificazione

Il legame disadattato con le figure di accudimento può sfociare in elevati livelli di aggressività e desiderio di controllo. La mancanza di una cornice di valori di riferimento rende difficoltosa la formazione di una coscienza, il che porta l'individuo all'inganno del prossimo, ad essere impulsivo e irresponsabile, incapace di pianificare preventivamente. Questi soggetti hanno un forte desiderio di indipendenza, si oppongono fortemente alla sottomissione. Inizialmente l'antisociale si presenta con fare amichevole e socievole, ma sempre partendo da una posizione di distacco, e di disinteresse per le conseguenze che possono accadere a sé e agli altri.

Per quanto riguarda il trattamento del soggetto antisociale, questi non si lascia convincere facilmente a intraprendere un percorso di cura. Spesso è proprio in carcere che si trova "costretto" a ricorrere a un percorso psicologico dove è importante lavorare sulla capacità di integrazione nel contesto sociale, cosa di cui non ha mai fatto esperienza e di cui ha veramente bisogno per potersi reinserire una volta uscito dal carcere. Shaurette afferma che un modo, almeno all'inizio, per poter agganciare e quindi stabilire una alleanza con il paziente antisociale, è quello di rapportarsi con lo stesso atteggiamento, ovvero partire da una base ostile per poi spostarsi su una posizione di collaborazione reciproca. questo tipo di trattamento ha lo scopo di depotenziare i modelli disfunzionali e sostituirli con altri funzionali che favoriscano la rieducazione e riabilitazione.

Un altro modo di trattare i detenuti, al fine di stimolare in loro l'empatia, è affidargli, sotto stretta supervisione, in cura degli animali, come gatti o cani, si è visto infatti che il contatto con l'animale e in particolare il pelo, favorisce la comunicazione e offre il conforto di cui spesso questi pazienti necessitano. Se si instaura il legame e l'interdipendenza tra detenuto e terapeuta è possibile che quest'ultimo sviluppi il desiderio di prendersi cura di sé, l'empatia verso il prossimo.

Si sono rivelati utili attività volte alla formazione professionale, quindi studiare e imparare un lavoro da poter esercitare una volta usciti dall'istituto di pena, questo permette di ampliare le competenze e le risorse personali. Fondamentale è comprendere il vissuto emotivo e traumatico che queste persone hanno sperimentato nella loro storia. Inoltre si è visto che la giustizia riparativa (ricorrendo ad esempio ai lavori di pubblica utilità) è più utile rispetto alla giustizia punitiva, per abbattere la recidiva, scontare la pena tramite le misure alternative, e considerare il carcere come l'ultima possibilità.

Dott.ssa Germana Verganti, psicologa-psicoterapeuta

Riferimenti bibliografici:

Benjamin L.S. (1999). Diagnosi interpersonale e trattamento dei disturbi di personalità. Las, Roma.

Caprasecca, B. Ingiunzioni e reati. Psicologia, Psicoterapia e Salute, 2015-2016, Vol.22 n°1, 189-208.

Miller A., (2010). Il bambino inascoltato. Realtà infantile e dogma psicoanalitico. Bollati Boringhieri, Torino.

Scotia J. Hicks, Bruce D. Sales (2009). Criminal Profiling. Raffaello Cortina Editore, Milano.

Stewart, V. Joines (1987). L'analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani, Garzanti Editore.

S. Woollams, M. Brown (2009). Analisi Transazionale, psicoterapia della persona e delle relazioni, Cittadella Editrice, Assisi.

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©Dottoressa Germana Verganti Psicologa Psicoterapeuta. Ordine Psicologi Lazio n.18910. Ricevo in zona Montesacro-Talenti, 00137 Roma
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