L' adolescenza, un potenziale in divenire

10.12.2018

L'adolescenza si riferisce a quel periodo dell'esistenza che si inserisce tra la fanciullezza e l'età adulta. In questo periodo si assiste a diversi mutamenti sotto il profilo corporeo, mentale e comportamentale. E' difficile stabilire una età precisa in cui inizia l'adolescenza, pertanto si considera come criterio quello della pubertà, mentre per la conclusione di tale fase si considera il momento in cui sono raggiunte l'autonomia, l'identità personale e la capacità di essere responsabili.  In alcuni casi la fase adolescenziale non segue il percorso ottimale, si può assistere allora a una forma di adolescenza ritardata se il processo di svincolo del ragazzo nei confronti della famiglia stenta a decollare, oppure a una adolescenza abbreviata nel caso in cui il figlio si faccia troppo presto carico di situazioni e incombenze, adultizzandosi così precocemente.

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Havighurst nel 1953 ha individuato dieci compiti di sviluppo che sono generalmente affrontati durante l'adolescenza:

  1. Instaurare nuove relazioni
  2. Acquisire un ruolo sociale maschile e femminile

  3. Accettare il proprio corpo

  4. Raggiungere l'indipendenza emotiva 

  5. Acquisire la sicurezza come conseguenza dell'indipendenza economica

  6. Prepararsi a una professione

  7. Prepararsi al matrimonio o alla vita familiare

  8. Sviluppare competenze intellettuali e civiche

  9. Sviluppare un comportamento socialmente accettabile

  10. Acquisire un sistema di valori e una coscienza etica come guida per il proprio comportamento.

Ovviamente i tempi sono cambiati per cui alcuni compiti di sviluppo sembrano aver perso la loro urgenza e significato, come ad es. l'dea di doversi necessariamente preparare al matrimonio, la difficoltà oggigiorno di raggiungere al termine della fase adolescenziale una vera e propria indipendenza economica, la distinzione tra ruolo maschile e femminile.

Siamo abituati a considerare la fase adolescenziale come difficile e complicata a causa dei mutamenti ormonali, fase durante la quale i genitori non devono fare altro che resistere pensando che passerà. In realtà recenti studi scientifici hanno evidenziato come i comportamenti adolescenziali non dipendano affatto dallo sviluppo ormonale bensì dalla immaturità della corteccia prefrontale. Grazie alla corteccia cerebrale, che è la parte più esterna del cervello, siamo in grado di riflettere, di pensare con lucidità, di percepire, di pianificare, di essere consapevoli di sé e di ciò che avviene intorno a noi. La regione frontale è fondamentale in quanto interviene nei processi interni suddetti ,ma anche in quelli sociali, parliamo quindi del comportamento morale e della capacità di essere empatici, di sapersi mettere nei panni dell'altro. Durante l'adolescenza si fa strada, rispetto a un modo di pensare concreto, un tipo di pensiero complesso, proprio grazie allo sviluppo dei lobi frontali del cervello, diventiamo capaci di riflettere sui nostri pensieri ed emozioni. Grazie alla capacità di astrazione è possibile utilizzare nuove strategie e soluzioni prima impensabili per affrontare i problemi. Le modificazioni cerebrali durante la fase adolescenziale permettono l'emergere di specifiche caratteristiche mentali che Siegel ha classificato come segue:

1. La ricerca di novità: gli adolescenti sono spinti a sperimentare cose nuove, a fare progetti, ad essere avventurosi. Questo aspetto però comporta anche il rischio di andare incontro al desiderio di ricercare sensazioni forti attuando comportamenti pericolosi.

2. Il maggiore coinvolgimento sociale: aumenta l'intensificazione dei rapporti con il gruppo dei pari, favorendo così relazioni di supporto che si vanno ad affiancare a quelle della famiglia di origine. Il rischio è di isolarsi troppo dal contesto familiare e adottare comportamenti dannosi, specie se vi è una mancata accettazione da parte degli adulti dei cambiamenti adolescenziali, che impediscono un sano svincolo. Gli studi dimostrano che la felicità e la salute sono influenzati dalla presenza di relazioni costruttive.

3. Maggiore intensità delle emozioni: queste possono essere motivo di maggiore entusiasmo e carica vitale ma anche di sbalzi di umore.

4. Esplorazione creativa: come già scritto sopra, grazie alla maggiore consapevolezza e alla capacità di pensiero astratto, aumenta il desiderio di esplorare cose nuove. Il rischio è di incorrere in una crisi di identità o nel disorientamento.

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Alla luce di queste dimensioni emergenti, si evince che l'adolescenza non deve essere vista come un periodo difficile da attraversare, bensì come una opportunità, un periodo della vita che va valorizzato.

Lo sviluppo cerebrale è influenzato particolarmente dalle prime esperienze infantili e dallo stile di attaccamento. Bowlby ha individuato 4 stili di attaccamento:

1. Sicuro: i genitori offrivano conforto e protezione ai figli quando necessario, favorendo la regolazione delle emozioni e lo stabilirsi di relazioni sane.

2. Evitante: i figli non sono stati adeguatamente visti dai propri genitori, né confortati nel momento del bisogno, in maniera ripetuta nel tempo, gettando così le basi per una insicurezza di fondo. I bambini non visti né protetti erano quindi portati a evitare il genitore e ove possibile a cercare sostegno in figure di accudimento più disponibili. Questo tipo di attaccamento induce a non stabilire connessioni con gli altri, a non instaurare relazioni caratterizzate da intimità.

3. Ambivalente: in questo caso lo stile di attaccamento è caratterizzato dalla incoerenza e imprevedibilità, manca la costanza nell'accudire il figlio. Il bambino diventerà molto apprensivo, rimanendo attaccato al genitore per assicurarsi in qualsiasi modo la vicinanza. Ovviamente questo comportamento del bambino non sarà garanzia del soddisfacimento dei suoi bisogni, in quanto il genitore sarà una volta iperaccudente/intrusivo e una volta totalmente inadeguato e quindi inaffidabile.

4. Disorganizzato: in questo stile di attaccamento uno dei genitori è fonte di terrore per il figlio, perché irritabile, assillante, depresso. In questo caso è possibile che il bambino si senta molto vulnerabile, incapace di regolarsi emotivamente o che si senta dissociato nel senso che manca l'integrazione delle varie parti di sé. La dissociazione si può manifestare con senso di derealizzazione.

Ci sono gravi casi in cui si assiste a un disturbo reattivo dell'attaccamento, come conseguenza dell'assenza totale di attaccamento, in quanto manca una figura con cui stabilire un legame. La manifestazione è data da una eccessiva tendenza alla socievolezza, problemi a livello emotivo e nella regolazione delle relazioni.

E' importante considerare che il cervello si modifica continuamente, pertanto riflettere e comprendere circa il nostro stile di attaccamento e il nostro modo di rapportarci all'altro, è occasione per migliorarsi e stabilire nuovi rapporti con i nostri figli. Nessun genitore è infallibile, ma riflettere per dare un senso alla propria esistenza e intraprendere un percorso di crescita personale che sia da esempio nei riguardi dei figli, permette di stabilire relazioni caratterizzate da autenticità, e applicare nuovi schemi relazionali più efficaci e funzionali.

Gli adolescenti non devono essere quindi visti come dei ragazzi difficili da gestire, ma come portatori di un grande potenziale che per esprimersi al meglio necessita del sostegno degli adulti. La scuola e i genitori devono favorire l'esplorazione creativa dei propri figli, la loro integrazione personale, in questo modo ci saranno nuovi occhi e menti capaci di affrontare i problemi e dare nuovi contributi.

Dott.ssa Germana Verganti

Bibliografia

A. Palmonari (2001). Gli adolescenti. Né adulti, né bambini, alla ricerca della propria identità. Il Mulino, Bologna.

D.J. Siegel (2018). La mente adolescente. Raffaello Cortina Editore, Milano.